I Lakers tornarono in finale anche l’anno successivo, nel 1973.
Sempre contro i New York Knicks, guidati da uno dei background più forti
che la storia della lega ricordi: Walt Frazier e Earl “The Pearl”
Monroe, una guardia di eccelso valore, passata alla storia con lo
splendido soprannome di Black Jesus.
A spuntarla furono i ragazzi della Grande Mela in 5 partite. E West perse la sua ottava finale.
Quella serie rappresentò l’ultimo atto della carriera dell’immenso Wilt
Chamberlain, l’uomo dagli innumerevoli record, la più grande forza della
natura che il mondo della pallacanestro abbia mai conosciuto. Gara 5 di
quella finale fu la sua ultima partita. La sua ultima sconfitta. Quella
sera il basketball perse un pezzo fondamentale della sua storia. West invece si ritirò al termine della stagione successiva, nel
1974. Con il suo abbandono si chiuse definitivamente una delle più
belle epoche che la NBA abbia mai vissuto. Quei favolosi anni ‘60, in
cui alcuni fra i più grandi giocatori di tutti i tempi, concentrati in
pochissime squadre, avevano fatto sognare tutta l’America in sfide dal
sapore irripetibile.
Tempi duri si prospettavano per l’NBA. Tempi di un pubblico sempre più
freddo e di un mercato sempre più in calo, tempi di una feroce e
spietata concorrenza promossa da una lega rivale, la ABA (American
Basketball Association), il cui basket era fatto di gioco veloce e
spumeggiante, di schiacciate spettacolari e palloni colorati. In questo
contesto emerse ad illuminare le scende della NBA un vecchio reduce
degli anni ‘60, un veterano che aveva vissuto in prima persona i fasti
dell’epopea di Russell e che ora, da leader di Boston, riuscì nuovamente
a condurre i Celtics sul tetto del mondo.
Il suo nome era John Havlicek.
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